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L'impegno dei cittadini per il contrasto della corruzione

Testo originale della relazione del dott. Giovanni Caso Presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione  presentata al Convegno tenutosi presso il Tribunale di S.Maria C. V. - 8 marzo 2013 

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La Corte dei Conti italiana – supremo organo di controllo delle spese delle pubbliche amministrazioni – ha calcolato che la somma, frutto illecito della corruzione, si aggira intorno ai 60 miliardi di Euro all’anno, cioè c’è un giro di 60 miliardi che costituisce per un verso guadagni illeciti e per l’altro verso sottrae questa enorme risorsa finanziaria in parte all’Erario e in parte al suo impiego in attività economiche. D’altra parte la consistenza del fenomeno è abbastanza nota da molti anni, anche perchè tutti gli organi di informazione ne parlano, e la classe dirigente del Paese si è spesa nelle dichiarazioni di propositi per combattere questo fenomeno a causa degli enormi danni che procura alla società.    L’ultimo governo – in particolare ad opera del presidente Monti e della ministro Severino – è riuscito finalmente a far approvare dal Parlamento, dopo molti anni di attesa, la legge anti-corruzione.


La corruzione, oltre ai predetti danni, mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche e mina alla base la democrazia, poiché la democrazia consiste essenzialmente nell’esercizio del potere pubblico per perseguire il bene comune secondo le indicazioni date dai cittadini attraverso le elezioni. Proprio perché la corruzione viola l’interesse della collettività essa viene esercitata di nascosto, facendo in modo di impedire la trasparenza degli atti amministrativi ed escludendo la partecipazione attiva dei cittadini agli atti medesimi.

Non tratto specificamente della nuova legge anticorruzione; dico solo che essa si compone di due parti:  una relativa alla repressione degli atti di corruzione e una relativa alla prevenzione di tali atti, e si rivolge ai funzionari, agli impiegati e agli amministratori pubblici; tende, quindi, a contrastare all’interno delle pubbliche amministrazioni il fenomeno della corruzione. Qui, intendo affrontare il tema del contrasto alla illegalità su un altro versante: quello dell’impegno civico dei cittadini.
Anzitutto, va subito detto, che la corruzione non esisterebbe se i privati, i cittadini, non fossero complici dei reati. La corruzione, infatti, mira da una parte a procurare al funzionario o amministratore pubblico illeciti guadagni e dall’altra parte al privato corruttore vantaggi ingiusti mediante gli atti e i comportamenti illegali compiuti dai pubblici funzionari e amministratori. Perciò, quando si parla di impegno dei cittadini per contrastare l’illegalità, è chiaro che il primo e fondamentale dovere dei cittadini è rispettare le leggi. I cittadini devono comprendere che non debbono chiedere ai funzionari e pubblici amministratori favori illeciti. Basterebbe ciò per eliminare la corruzione. Purtroppo dobbiamo dare atto che ci saranno sempre quelli che per procurarsi profitti ingiusti sono disposti a violare le leggi. E’ necessario allora considerare che cosa in concreto la collettività può e deve fare per limitare e ridurre il fenomeno criminoso.
La corruzione si compie in infiniti modi quante sono le sfaccettature dell’esercizio del potere pubblico. La corruzione, infatti, si intreccia strettamente con l’abuso del potere pubblico. Faccio alcuni esempi perché possiamo renderci conto di quanto sia variegata e micidiale la corruzione pubblica. Pensiamo all’edilizia, all’attività edificatoria sul territorio:  quanto abusivismo viene consentito chiudendo gli occhi, e quanti permessi di costruzione vengono rilasciati senza applicare doverosamente le normative di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del territorio.  E pensiamo agli appalti pubblici:  quante gare vengono falsificate per aggiudicare l’appalto a una determinata impresa violando i giusti diritti dei concorrenti. E quanti concorsi pubblici vengono ugualmente falsificati per dare il posto a una determinata persona escludendo altri cui spettava. Senza menzionare gli infiniti reati di appropriazione del denaro pubblico (peculato) e di abuso del potere d’ufficio.
E vengo al secondo modo dell’impegno dei cittadini per contrastare la corruzione –il primo modo, come ho detto, è il comportamento virtuoso dei cittadini che rifiutano di procurarsi ingiusti vantaggi corrompendo chi esercita una funzione pubblica-, ed è il modo della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.  In che cosa consiste la partecipazione?
La partecipazione nasce storicamente da un lungo percorso culturale, sociale e politico di carattere mondiale. Per esempio, nel 1989 a Porto Alegre è stato introdotto il Bilancio partecipativo: i cittadini partecipano alla formazione del Bilancio comunale stabilendo come spendere i soldi e le priorità della spesa per sanità, scuola, ambiente, infrastrutture, ecc. Innumerevoli sono le esperienze di partecipazione dei cittadini al governo della cosa pubblica nei diversi Paesi. La Costituzione italiana nell’art. 118 ha accolto il principio della partecipazione pubblica dei cittadini stabilendo: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Ora, rimanendo nel tema del presente convegno, che è il contrasto alla corruzione, certamente la concreta partecipazione dei cittadini per questo scopo risponde all’interesse generale.
Sappiamo che l’attività dei pubblici amministratori deve svolgersi secondo le leggi che regolano tale attività per il bene comune.  Questa è la legalità.  La partecipazione pubblica dei cittadini consiste nell’interessarsi a come viene svolta l’attività della pubblica amministrazione, a cominciare dall’amministrazione comunale, perchè il Comune è l’Ente pubblico più vicino alla gente. Infatti, il primo livello dove può allignare la corruzione sono proprio le amministrazioni comunali.  D’altra parte, è proprio nelle amministrazioni locali che tendono ad infiltrarsi le organizzazioni mafiose per ottenere concessioni, permessi, autorizzazioni allo scopo di investire le proprie risorse finanziarie.
Per contrastare la illegalità occorre, dunque, la partecipazione dei cittadini. Anzitutto questi devono conoscere i programmi delle amministrazioni locali, per verificare se questi programmi rispondono all’effettivo bene della collettività oppure tendono a favorire ingiustamente e illecitamente interessi privati. Poi devono informarsi degli atti amministrativi adottati dagli uffici comunali onde verificare se sono conformi alle leggi. Questa possibilità dei cittadini di compiere la predetta verifica è voluta e resa possibile dalla legge anticorruzione, in quanto questa stabilisce il principio della trasparenza degli atti delle pubbliche amministrazioni.  Oggi i Comuni, così come tutte le altre amministrazioni pubbliche, hanno il dovere di pubblicare nei propri siti web istituzionali le informazioni relative ai propri bilanci e ai conti consuntivi, nonché ai costi di realizzazione delle opere pubbliche e dei servizi erogati ai cittadini. Inoltre, devono essere pubblicate le informazioni relative ai procedimenti di autorizzazione o concessione, di affidamento di lavori, forniture e servizi, di concessione ed erogazioni di sovvenzioni, contributi e sussidi, nonché le informazioni relative ai concorsi per l’assunzione del personale (artt. 15 e 16 della legge).
Personalmente, penso che bisogna promuovere in ogni comune la costituzione di comitati spontanei di cittadini, senza appartenenza partitica, che si interessino alla vita della propria città, alle esigenze e ai bisogni collettivi, controllino l’operato dei pubblici amministratori per verificare se è conforme alle leggi e risponde al bene comune. E poi bisogna presentare alle pubbliche amministrazioni richieste per il bene di tutta la collettività. In questo modo si possono indurre i poteri pubblici ad operare per il bene comune; ed è questo il modo più efficace per aiutare questi poteri a resistere alla illegalità. Chi opera per il bene comune non ruba, non subordina l’interesse generale della collettività agli interessi personali e particolari.
In secondo luogo, penso che bisogna adoperare tutti gli strumenti della partecipazione, che sono già vigenti.  Per esempio: a)  i comitati di quartiere (questi sono importanti anche per tenere sotto controllo l’attività edilizia sul territorio, per accertare che non contrasti con la tutela ambientale, paesaggistica, idrogeologica, ecc. e, quindi, per verificare la legalità degli atti autorizzativi dell’amministrazione comunale);  b) i programmi di riqualificazione urbana;  c)  l’Agenda 21 per lo sviluppo sostenibile sul territorio;  d)  il Bilancio sociale con cui i comuni danno conto ai cittadini delle scelte di spesa fatte, delle risorse impiegate, dei risultati raggiunti.
Inoltre, vorrei suggerire di valorizzare e giovarsi delle Associazioni che hanno come fine la tutela dei beni comuni: ambiente, territorio, beni culturali e storici, sviluppo sostenibile, qualità della vita, ecc. Di queste Associazioni, ne cito due, oltre la benemerita Associazione Libera; e cioè  Italia Nostra e Legambiente. Sono Associazioni legalmente riconosciute, che operano a livello nazionale e a livello locale. Esse hanno, in forza delle finalità perseguite, il diritto di accesso a tutti gli atti delle pubbliche amministrazioni che hanno incidenza sui beni comuni anzidetti, e possono presentare istanze, opposizioni, ricorsi, ecc. nei procedimenti amministrativi che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, permessi per attività private che possono incidere negativamente sui beni protetti
Gli strumenti quindi ci sono, le possibilità ci sono di impegnarsi. Sta ai cittadini di non essere passivi, ignoranti, inerti. D’altra parte, pensare di avere compiuto il proprio dovere civico dando la delega al proprio partito nel momento delle elezioni significa essere ciechi dinanzi alla situazione che si è rivelata negli ultimi tempi con le vicende di corruzione, ruberie, ingiustizie, che tutti conosciamo. Il tempo delle deleghe è finito. Già Norberto Bobbio osservava: “La partecipazione dei cittadini negli Stati democratici si limita a intervalli più o meno lunghi a dare la propria legittimazione ad una classe politica ristretta che tende alla propria autoconservazione. Questa partecipazione non è né efficace, né diretta, né libera”. Occorre dunque la partecipazione pubblica dei cittadini. Attraverso di essa, fra l’altro, i cittadini possono rendersi più coscienti della crisi in cui si trova la società di oggi, delle necessità comuni, di come fronteggiarle, e di conseguenza può far aumentare in loro la coscienza della necessità di una maggiore solidarietà tra tutti.

 

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