Comprendere il linguaggio dell'altro: una sfida per avvicinare le culture giuridiche

A New York  accademici della Fordham University interrogano Maria Voce

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Il gruppo di Comunione e Diritto degli USA  incontrando alla Fordham University  la Presidente del Movimento dei Focolari le ha rivolto alcune domande.

20110405_2000_Fordham_panel_IV"Molti avvocati, professori, studenti e giudici degli Stati Uniti hanno avuto la possibilità di partecipare a conferenze internazionali dei Focolari sul Diritto. Ci piacciono molto le idee, ma non sempre riusciamo a entrare nel modo di esprimerle. Per esempio, sappiamo che la parola 'fraternità' è usata frequentemente in Europa, ma a causa della nostra storia e della sensibilità all'uguaglianza dei sessi, per noi la parola 'fraternità' non esprime il suo vero significato. Fraternity sono i club che si fanno all'università. Invece noi siamo orientati verso la parola 'amore' o 'pratica dell'amore del prossimo', anche perché sentiamo che qui negli Stati Uniti c'è più spazio per approfondire in modo più esplicito e diretto le risorse profonde delle nostre varie tradizioni religiose, perché siamo ebrei, cristiani, musulmani e buddisti in questo gruppo. Quindi pensando al futuro del progetto internazionale del Focolare per il rinnovamento culturale, abbiamo tre domande.

a) Cosa pensa di questo tipo di differenze nel linguaggio e nelle sensibilità culturali-religiose?
b) Puntiamo a trovare un linguaggio comune o a creare uno spazio?
c) Quali consigli avrebbe per andare avanti nel dialogo, quando le differenze culturali, linguistiche potrebbero creare tensioni o incomprensioni?"

EmmausNel 2005, al primo congresso internazionale, dei giuristi che facevano parte di questo gruppo di Comunione e Diritto, Chiara Lubich ha mandato un messaggio, e in questo messaggio lei sottolinea come ogni essere umano sente il bisogno di essere amato e di riversare sugli altri l'amore ricevuto. D'altronde sono l'amore ricevuto e l'amore dato che consentono alle persone di realizzarsi e nello stesso tempo di realizzare la comunione tra loro.

 In questo senso può essere intesa e praticata la fraternità fra gli uomini. 
Quindi mi sembra di poter dire che la nostra visione della fraternità si può tradurre in comunione, si può tradurre in unità della famiglia umana, si può tradurre in tanti altri modi, secondo il disegno di Dio. Quindi cercare di attuare l'amore del prossimo, come cercate di fare in questo gruppo, nel campo della Legge, mi sembra il primo passo per arrivare a questa reciprocità, perché non è soltanto… non basta vivere l'amore al prossimo, bisogna anche essere riamati dal prossimo per avere la reciprocità. Proprio nel diritto possiamo vedere questa reciprocità molto evidente. Per esempio: se io ho un diritto, tu hai un dovere nei miei confronti; oppure, se facciamo un contratto dobbiamo metterci d'accordo, c'è un qualche cosa che deve venire a comporsi reciprocamente; oppure un mio diritto corrisponde all'esercizio di un diritto di un altro. Anche nel campo penale posso vedere il reato, posso vedere la mancanza come una rottura di una comunione che va ricomposta; quindi c'è sempre questo concetto della reciprocità.

Quindi dobbiamo guardare alla fraternità in funzione della comunione. 
Se la parola “fraternità” per voi non esprime chiaramente questo concetto, consiglierei di esprimerlo in un altro modo, non è importante la parola, importante è il senso
Si potrà utilizzare "unità della famiglia umana", si potrà utilizzare "comunione", si potranno usare tanti altri modi. Sono proposte che sarete voi stessi capaci di trovare e di indicare anche a quelli che sono abituati a parlare di fraternità con un significato preciso che è diverso da quello che voi intendete. 
Queste differenze nel linguaggio io le vedo come un'opportunità di arricchimento. Penso, per esempio, che in un prossimo congresso internazionale non può mancare la vostra voce, che ci dice, appunto, questi nuovi, ricchi significati che una parola può contenere e che magari in Europa ancora non abbiamo imparato a scoprire.

Poi la seconda domanda dice: "Puntate su trovare un linguaggio comune o piuttosto puntate sul cercare uno spazio in cui questi tipi di differenze si possono esprimere?"
Direi che puntiamo su tutte e due le cose. Penso che le differenze devono potersi esprimere, che bisogna arrivare a spiegarsi, che bisogna arrivare a esprimere tutto quello che è il nostro concetto, senza timore di essere fraintesi; quindi bisogna esprimersi, assolutamente. E mi sembra importantissimo che proprio nel vostro gruppo, così variegato anche dal punto di vista di tradizioni religiose, voi state facendo questa esperienza: di esprimervi fino in fondo per arrivare a capirvi.
Quindi non è tanto uno spazio comune, ma è proprio una possibilità di espressione tale, che possa anche arrivare forse ad un linguaggio comune, forse, però arricchito di tutti i significati che anche col vostro contributo saranno stati percepiti.

E poi: "Quali consigli per andare avanti nel dialogo?"
Continuare a dialogare. L'unico consiglio è questo, il dialogo si fa dialogando; non è che si impara, si fa dialogando. Quindi dialogare significa prima di tutto sapersi ascoltare, con quell'amore che fa capace di entrare nell'altro. E dialogare significa essere uguali, considerarsi uguali, perché si dialoga tra persone uguali, non fra superiori e inferiori o fra subalterni.
Certo, tante volte in questo dialogare bisogna donarsi fino in fondo, e donarsi fino in fondo comporta anche dei rischi: il rischio di non essere capito, di non essere accettato, di essere etichettato; però bisogna anche rischiare, perché la reciprocità esige questo rischio. Quindi senza timore di perdere qualcosa di nostro. Perderemo senz'altro qualcosa di nostro, ma guadagneremo quello che viene da tutti gli altri, quindi sarà comunque un arricchimento.
Nello stesso tempo senza temere di esporre la nostra identità, cioè dobbiamo restare noi stessi, non dobbiamo omologarci, riuscire a testimoniare chi siamo e essere dono per gli altri. E questo penso che si impara facendolo.

Maria Voce - Avvocato e Presidente del Movimento dei focolari

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